BROGLIACCIO DI SCARNA VERITA'

BROGLIACCIO DI SCARNA VERITA'
schizzi, ricordi, appunti, foto, notizie su e di Giuseppe D'Ambrosio Angelillo

venerdì 20 settembre 2013

INTERVISTA a Giuseppe D'Ambrosio Angelillo (Blog Fuoridiclasse - Scuola Media Tabacchi Milano)

Intervista a Giuseppe D’Ambrosio Angelillo

Intervista esclusiva a Giuseppe D’Ambrosio Angelillo, amico di Alda Merini, rimastole accanto fino alla  sua morte. Un racconto pieno di storia letteraria intriso di commozione. “La poesia è saper esprimere la sensibilità. Quello che bisogna abolire è la precarietà mentale.” Dice alla redazione Fuoricl@sse. “Alda l’aveva capito. E vedeva  in tutte  le cose ciò per cui esprimersi.”
In occasione della Giornata mondiale della Poesia abbiamo incontrato nei locali della redazione di Fuoricl@sse Giuseppe D’Ambrosio Angelillo, laureato in Filosofia all’Università Statale di Milano, scrittore fierissimo di non aver mai vinto un premio che ci ha raccontato la commovente storia della sua amicizia con Alda Merini partendo dal loro primo incontro che gli ha trasmesso la grande passione per la poesia. Autopubblica i suoi libri e ancora oggi, scrive sul suo sito,  frequenta “L’Università della Vita” dove studia molto con incerto profitto.

Alda Merini
Che ricordo ha di Alda Merini?

L’ho conosciuta a metà degli anni ’80 al bar della Chimera, a Milano, una libreria con annesso un ristoro. Alda andava a leggere le sue poesie, a regalarle. Era molto povera in quegli anni. Dopo il fallimento del suo matrimonio, non aveva molto. La sua casa, dove accoglieva tutti, rimase sempre quella di Ripa di Porta Ticinese al 47. Non ha mai “tradito” il Naviglio, nemmeno quando, oramai famosa, le chiedevano se volesse cambiare casa. “Qui sono nate le mie figlie”, diceva. “Non posso andare via. Qui abita il mio cuore, e non posso abbandonarlo.” La sua casa era come un nido degli uccellini, e non è un eufemismo. Lasciava il balcone aperto ed entravano i passerotti con cui parlava. Il Naviglio a cui si riferiva sempre Alda era un Naviglio popolare, abitato da povera gente, ma allo stesso tempo allegra e molto solidale, di vero buon cuore. Alda era una persona meravigliosa. Ti occupava tutta la vita. Non era un’amica che si faceva sentire una volta ogni tanto, ma ti raccontava tutto chiamando in continuazione. La Merini era, non a caso, una delle pochissime autrici e poetesse che non avevano abolito il confine tra poesia e vita. La poesia era la vita, come il titolo del suo libro “Più bella della poesia è stata la mia vita”. Alda aveva la grande sapienza di vedere la poesia nelle piccole cose. Aveva fatto solo la scuola dell’avviamento, suo padre non voleva che continuasse a studiare perché era una femmina: lei non si arrese e continuò a studiare.

Giuseppe D'Ambrosio con Alda Merini nel 2001
Com’è diventata una poetessa così famosa?

Era la figlia di una famiglia molto povera. Non aveva nemmeno la scrivania per scrivere, eppure da un cantuccio umile ha scritto capolavori che hanno fatto la storia della letteratura italiana. E cominciò a scrivere da quando era molto piccola sbalordendo tutti. La Bur, una casa editrice, pubblicava allora piccoli libriccini con tutti i capolavori della letteratura italiana a 50 lire. Lei si fece la cultura su quei libri. Un giorno, la sua professoressa di italiano, mentre frequentava la scuola di avviamento al lavoro, ovvero la scuola media per i poveri, si accorse del suo raro talento. Conosceva un redattore di una rivista letteraria che aveva bisogno di una dattilografa (cioè di una persona che sapesse trascrivere velocemente su una macchina da scrivere). E visto che Alda era molto brava, la professoressa decise di presentarla. Quel giorno in redazione c’era Giacinto Spagnoletti, un critico che se ne intendeva di poesia. Questa professoressa gli disse: “scrive poesie bellissime”. La guardarono e per poco non scoppiarono a ridere perché increduli che in una ragazzina di appena 14 anni potesse nascondersi un genio. Quando si decise casualmente a leggerle, non credette ai suoi occhi: si rese conto di essere davanti a un miracolo della natura, un prodigio. Fu così che decise di pubblicarle nella sua raccolta dei poeti italiani, “Antologia dei poeti italiani fino al dopoguerra” (dai primi dl novecento fino a metà degli 50).
È cambiata la poesia oggi?

La poesia è una dimensione universale. Che ci siano grandi poeti o che non ci siano non cambia proprio nulla. Deve esserci sensibilità e questo dipende dagli occhi delle persone. La bellezza sta in tutte le cose, anche in quelle che sembrano imperfette. Quando andavo a scuola ed ero costretto a imparare a memoria Iliade e Odissea, mi immaginavo un mondo meraviglioso. Dipende da quello che noi creiamo con la nostra mente. Poesia è una parola greca che significa proprio “creazione”. Un mio racconto può diventare universale attraverso una comunicazione di sensi e di significati che appartengono a tutti. Per gli orientali la poesia è zen, cioè dono, regalo. Per esempio, fare la redattrice per un giornale così piccolo come il vostro, è una grande poesia. Ma la poesia non paga. Quando vai in libreria a comprare un libro, paghi carta e inchiostro e non il lavoro del poeta. Il poeta non si fa i soldi con la poesia. Alda vendeva decine di migliaia di libri ed era rimasta povera. Così come Umberto Saba. Quando ero piccolino, guardando una sua intervista in tv, mi rimase impresso il rattoppo che aveva sulla giacca e la scrivania fatta di cose molto povere. Mi colpì la povertà di un poeta famoso. Lui si è guadagnato da vivere facendo il libraio.
Cosa Le è rimasto di questo esempio di vita?

Tutto, soprattutto la semplicità con cui dobbiamo vedere la realtà. Dobbiamo avere il giusto valore delle cose. Faccio un esempio: una redazione, come questa, nella sua semplicità, senza lustri e lustrini. Questa è poesia, è una cosa bella. Se si è bravi ad osservare, si vede intorno tanta poesia. La poesia sta in tutte le cose ed è un’esclusiva di tutti gli esseri viventi. Alda scriveva poesie in continuazione, fino alla fine della sua vita. Mi ha dettato delle poesie persino nella sua ultima notte. Mi ha trasmesso questa passione enorme. Ho creato un blog “Soldato rock” dove ho pubblicato moltissimi suoi componimenti. Alda rimarrà un grandissimo esempio. La sua opera deve essere ancora riscoperta tutta. Quando andavi a trovarla ti regalava una poesia. Ti diceva prendi la penna e scrivi: e dettava.
E della polemica degli ultimi giorni sulla Divina Commedia?

Dante è il poeta più grande della letteratura italiana. Ci sono poeti stranieri che imparano l’italiano per studiarlo. Quindi la polemica degli ultimi giorni non è da considerare. L’Italia unita c’è grazie a Dante. Ha unificato l’Italia non politicamente, ma culturalmente con il suo poema e con la parola “amore” che racchiude lo spirito dell’italianità.
Ma lui parla anche dell’inferno.
Parla di tutto. Ha catturato tutta l’italianità. “Nel mezzo del cammin di nostra vita”, c’è una rivoluzione dell’”io”. L’era moderna nasce tutta da lì.
Da quanto tempo fa questo lavoro?

Ero figlio di contadini e da piccolo andavo con mio padre a lavorare. Mi alzavo la mattina alla 4 per andare nei campi. Ma capivo che non era quello che volevo e allora ho cominciato a studiare: era il mio modo per evadere. Oggi vivo di cultura. Sono un autore che si auto produce e cerca di esprimere le piccole cose con semplicità. Come diceva Epicuro, un grande filosofo greco, ci sono i bisogni naturali e quelli innaturali. I primi, come mangiare, dormire, sono facilissimi da esaudire; gli altri sono quelli della mente e sono impossibili da esaudire perché non ci si può accontenta. Scrivere è andare oltre, oltre se stessi, oltre gli altri, oltre il piccolo posto dove per caso siamo capitati, e vedere cosa c’è di buono per noi che ancora non riusciamo a sapere, se per scalogna o per pigrizia non abbiamo il coraggio e la forza di andare oltre. E questo benedetto andare oltre molti la chiamano Speranza.
La redazione di Fuoricl@sse

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